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DEPRESSIONE, LUTTO, CREATIVITÀ
Il sentimento depressivo è una esperienza comune a tutti noi. Forma
parte della nostra crescita, della nostra maturazione. In questo lavoro,
analizzerò questo argomento dal punto di vista della Psicologia
Clinica, della psicoanalisi, punto di vista complementare ad altri sviluppi
ed analisi, complementarità che arricchisce la comprensione del
fenomeno.
SIGNIFICATO DELLA PAROLA DEPRESSIONE NELLA LINGUA.
Etimologicamente, depressione deriva del latino, depressio-onis, infossamento,
abbattimento.
Economia politica: produzione inferiore al normale.
Fisica: diminuzione della pressione a valori inferiori di quella atmosferica.
Meteorologia, la pressione, la forza de-cresce dall'esterno verso l'interno,
generando la de-pressione e il cattivo tempo: venti, pioggia, cielo coperto
e grigio. Le depressioni possono essere di origine dinamica: movimenti
di ascendenza, di origine termica, forte temperatura, o mista, generando
così il cattivo tempo.
Geografia: superficie che si trova ad un livello inferiore a quello delle
zone circostanti.
Pressione sanguina: pressione esercitata dal sangue sulle pareti dei vasi
sanguigni. La differenza di pressione, tra l'aorta e i vasi sanguigni,
è indispensabile per consentire la circolazione del sangue, (la
vita), ed è mantenuta dal funzionamento del cuore. La regolarità
o la irregolarità della pressione arteriosa, la variazione in più
o in meno, permettono la diagnosi d'irregolarità circolatorie o
cardiache: alta pressione, o bassa pressione, e la relazione con le emozioni
e gli affetti.
Psichiatria, ha tre significati:
- a) sintomo,
- b) sindrome,
- c) entità gnoseologica.
I sintomi che configurano la sindrome sono: fatica, stanchezza, inibizione,
tristezza, dolore psichico, o mentale, auto-disprezzo, auto-accusa, auto-punizione,
colpa.
TANGUITO E FABIO.
Tanguito è un cantautore argentino, rappresentante del chiamato
rock nazionale, negli anni settanta.
Figlio de una ragazza madre, cresce nella strada. Non conosce a suo padre,
e questa sarà uno dei motivi de una nostalgia e di un vuoto mai
colmo.
Nell'adolescenza la ribellione contro l'autorità, arbitraria, lo
porta ad una serie di comportamenti trasgressivi, di rifiuto alle istituzioni,
la polizia particolarmente, contro la quale mette la sua profonda rabbia.
Si "fa" incarcerare più volte. Durante uno di questi
incarceramenti, conosce ad un detenuto, spagnolo, che le parla del mandala.
Questo simbolo significa in sanscrito la totalità. Nelle antiche
religioni rappresenta il cosmo, l'universo. Nelle sue relazioni con i
poteri divini, sia l'unione tra le divinità maschili e femminili,
unità e opposizione dei contrari. .....Infine l'unione dell'anima
con dio, l'unione di Tanguito con il padre: il mandala sarà per
lui una figura protettiva significando inconsciamente la unione con il
padre, mai conosciuto.
Come giovane cantautore, suona nei locali "underground", con
un certo successo. Conosce una ragazza, figlia de un militare, che lascia
alla sua famiglia, per convivere con lui, in conflitto con suo padre,
che se opponeva a questo legame. Una donna forte e decisa. Lui compone
per lei, una canzone che diventa famosa: "El amor es màs fuerte"
(L'amore è più forte).
Durante uno degli incarceramenti, un amico suo, del gruppo musicale, incide
questa canzone, facendo degli inconsulti cambiamenti., per invidia, però
anche per aiutarlo. Tanguito esce dal carcere, e ascolta la canzone per
strada: la stano passando in una galleria commerciale. Scatta in lui una
molla piena di odio, aggressività, distruzione. Un narcisismo distruttivo,
che le provoca una crisi violenta, incontrollabile. Spacca tutto, vetrine,
locali, oggetti che trova al suo passo. Odio puro, scatenato, senza i
limiti dell'amore. Chiamano al 113, e viene, questa volta, ricoverato
in Ospedale Psichiatrico.
Psicofarmaci è la medicazione. La sua ragazza le porta la chitarra,
però lui non ha più voglia di suonare. Ha lo sguardo perso
nel vuoto.
Viene dimesso, va camminando per la strada, in una ricerca inconscia della
morte, camminando lentamente, finisce sotto un treno. "La riunione
con il padre" è stata realizzata, realizza il suo mandala.
Il suicidio nel caso di Tanguito, significa la fine della sofferenza e
l'avvenuto ritrovarsi con il padre, assente, nella morte.
D'altrove, lui aveva potuto vivere intanto, "L'amore era più
forte", la sua famosa canzone.
Fabio è un ragazzo tossicodipendente, di 30 anni. Dopo due anni
di vita comunitaria- Comunità Terapeutica- sta per uscire, e cominciare
una vita autonoma. Conosce una ragazza, anche lei ricoverata, tossicodipendente,
sperando, alla fine del percorso comunitario, ritrovarsi fuori e iniziare
una vita di coppia. Però la ragazza dice di no. Una delusione che
Fabio non può tollerare. Fa una crisi melanconica. Si da colpi
alla testa contro il muro, dice ripetutamente di voler morire, non mangia
niente. Ricoverato in Ospedale, non accetta i medici, vuole solo andare
via, e iniettarsi una "overdose" di eroina. Giacché sente
di non valere più niente.
In più, si rimprovera della morte del padre, accaduta cinque anni
prima dicendo: "E mia la colpa, è morto per colpa mia."-
ansietà persecutoria. Lui era stato effettivamente colpevolizzato
dalla madre e dalla sorella per la morte del padre, avvenuta, dicevano
loro, per le continue liti tra i due, che lavoravano insieme nella ditta
familiare.
"Lui mi ha tarpato le ali", mi diceva in seduta, durante il
periodo che era stato mio paziente in Comunità. Il padre aveva
una ditta de trasporti, avendo voluto che lavorasse con lui, Fabio lascia
a 20 anni il suo nuovo lavoro, - un lavoro di precisione, tecnico in una
fabbrica. Fabio non poteva dire di no in quel momento, perché il
suo bisogno d'indipendenza, di autonomia, entrava in conflitto con il
bisogno del padre, dal quale era stato lontano per molti anni. In questo
modo, accetta.
La storia infantile di Fabio era stata segnata dalle continue liti tra
i genitori.
Suo padre, apparteneva ad una famiglia contadina molto numerosa. A 15
anni emigra in Australia. Rientra in Italia e si sposa. Però la
sua sofferenza interiore le impedisce una vita serena di coppia.
La moglie, stanca delle continue aggressioni, scappa in Svizzera. Il bambino,
ha cinque anni, viene mezzo in collegio, e no le viene mai spiegato il
per che. Sottoposto a continui cambiamenti di collegio, non potendo in
questo modo stabilire legami con i compagni. In lui, cresce l'odio, sia
per i genitori sia per i maestri, i sacerdoti, che si occupano di lui
in collegio. Il risentimento per l'abbandono subito e la mancanza di chiarezza
dei genitori nei suoi confronti, le fanno covare una idea: "Un giorno
mi vendicherò di voi".
Le continue separazioni della famiglia e dei compagni, le impediscono
d'avere, dentro di lui, la sicurezza interiore, l'amore e il sentimento
di protezione, base della fiducia in se stessi e nella vita.
Quando il padre muore, l'antico odio verso di lui, riemerge come senso
di colpa. Sentimento di colpa persecutoria: "è morto per colpa
mia". Quando la ragazza le dice di no, cinque anni dopo, si riaprono
le vecchie ferite, perché non c'è in lui, quella fiducia
interna, di sentirsi amato da buoni genitori interni, che proteggono e
aiutano dall'interno. Cosi, l'odio verso il padre, mai espresso prima,
e perciò, mai risolto, si ritorce contro di lui, provocando la
crisi melanconica. Il desiderio di morire è l'unico modo che trova,
per liberarsi dell'insopportabile dolore mentale.
Perché ho mezzo a confronto TANGUITO e FABIO?
Tanguito se suicida a 30 anni. Fabio è in crisi melanconica e vuole
suicidarsi pure. In tutti due il padre è una figura assente, una
vita familiare segnata dalle continue perdite e dalla solitudine infantile.
Qual è la differenza tra il depresso e l'artista?
In tutti i due, e in tutti noi, c'è la lotta tra AMORE E ODIO,
TRA VITA E MORTE.'
TANGUITO ha vissuto in tanto che l'amore era più forte che l'odio,
come diceva la sua canzone.
La depressione, la melanconia, avviene quando abbiamo perdite, lutti,
ai quali non possiamo attribuire significato. La depressione, la melanconia,
appare quando c'è una perdita attuale: libertà, paese, amore,
lavoro, ecc..., che riapre vecchi lutti, vecchie ferite, però che
in questo momento non possiamo capire, ne tollerare, ne darle per conseguenza,
un significato.
Questo permette capire che, quanto più piccolo è il bambino,
minore sarà la sua capacità di dar significato alle separazioni,
ai lutti, e alle carenze affettive.
LUTTO E CREATIVITÀ.
Nella storia di ogni uno di noi, abbiamo come parte della stessa crescita,
una serie de lutti.
Crescere è poter separarsi dall'Altro. Il primo altro è
la madre. Il lutto non è tan solo perdere l'oggetto d'amore, per
lontananza, per morte, perché non ci ama più, o perché
non lo amiamo più.
Il primo lutto, per ogni uno di noi, è la separazione della madre.
Perdere l'illusione della possessione esclusiva della madre. Sia il bambino,
sia la madre, devono poter rinunciare al possesso esclusivo dell'Altro.
Perdere l'illusione di essere un tutt'uno con la madre. Questo è
il primo lutto. Realizzare questo primo lutto è la base dell'autonomia
e della creatività.
Perdendo l'oggetto, lo si scopre. Allontanandosi, separandosi dell'oggetto,
si scopre l'oggetto stesso.
Il bambino che si allontana gradatamente dalla madre, scopre alla madre,
e a se stesso.
Il bambino dice mamma, quando la madre non c'è. Non è necessario
nominarla se madre e figlio sono simbioticamente un tutt'uno. Questo è
il lutto fondamentale, il lutto per la madre, e la base di tutti gli altri
lutti.
Al posto della madre che non c'è, c'è la parola mamma, prima
creazione; quando il bambino dice mamma, la madre viene. La magia della
parola. Questo permette il piacere della scoperta, della creatività,
però implica la perdita dell'onnipotenza e dell'illusione del possesso
esclusivo dell'Altro, dell'oggetto. Lutto fondamentale, la perdita dell'onnipotenza.
Creare è ri-creare ciò che non c'è. Per ri-creare,
l'oggetto non deve esserci. Altrimenti non è necessaria la ri-creazione.
Il bambino può separarsi bene dalla madre, se Lei lo aiuta. La
madre può aiutare al figlio, se a sua volta, ha fatto i suoi lutti.
Abbiamo cosi una madre presente, però non possessiva, che lascia
libertà di crescere al bambino.
Una madre che non fa i suoi lutti, li trasferisce al figlio. Il lavoro
di lutto che non viene fatto da ogni uno cade nelle spalle dell'Altro.
Si trasferisce il proprio dolore nell'altro. Questo è un abuso,
del nono, del genitore, si abusa dell'Altro per evitare, in parte, il
proprio dolore, la propria sofferenza.
(Esempio: una nona le dice al nipote di 10 anni, orfano di padre da due
anni, e figlio di lei: Colpa de tua madre che mio figlio, tuo padre, è
morto.- I genitori si stavano separando e lui fa un incidente mortale).
(La madre di Donata, piange per più di 20 anni, la morte del marito.
Ha tre figli, facendo di ogni festività, un funerale. Porta la
figlia dodicenne al letto, al posto del marito morto. Donata chiede il
mio aiuto psicoterapeutico a 25 anni. Non può fare il lutto per
il ragazzo dell'adolescenza, e per ciò e sola, non può fare
coppia).
(Una madre che partorisce un figlio morto le chiede alla figlia 15 enne.,
brava a disegnare." Fai un ritratto de tuo fratellino?" provocando
nella figlia un dolore che, oggi 40 enne, non ha chiuso ancora).
Parliamo di lutto patologico quando:
1- Si deposita il proprio dolore nell'Altro
2- Si abusa dei bambini,
3- Si espelle, si espulsa il proprio dolore nell'altro. Come un vomito.
4- La madre che diventa depressiva davanti alla crescita del figlio, anziché
essere contenta. Questo perturba al figlio, lui non sa se è giusto
o sbagliato crescere, avere amici, uscire da casa. è' un modo sottile
di non lasciar crescere al figlio, esprimendo sentimenti di perdita dolorosa,
davanti ai progressi del figlio. Questo mecanismo sottile confonde al
figlio.
5- Il bambino "para-lutto". I genitori che perdono un figlio,
fanno subito un secondo figlio, senza fare il lutto per il morto. Questo
figlio, che viene con un compito, "tampona" il dolore dei genitori
- Il caso di Vincent Van Gogh, nato dopo la morte de un fratello, chiamato
Vincent, come lui. La madre lo portava poi in cimitero a visitare la tomba
de "Vincent Van Gogh": Che confusione d'identità! Chi
e lì? Sono io?
Parliamo di lutto sano quando:
Accettiamo la separazione e la perdita dell'oggetto d'amore. Non senza
una lunga lotta (lutto viene del latino luttus, lotta), con l'oggetto
perduto, sentimento di rabbia, dolore, disperazione. Identificazione posteriore
con aspetti valorizzati dell'oggetto perduto, significando ciò
un arricchimento della personalità, anziché un impoverimento.
Finalmente ritiro dell'affetto proiettato nell'Altro, nell'oggetto e ricerca
nella realtà, di nuove fonti affettive. Il lutto elaborato, è
base e condizione della creatività.
Due esempi magistrali della sana elaborazione del lutto, sono MIGUEL
DE CERVANTES SAAVEDRA e DANTE ALIGHIERI.
Dante l'autore della Divina Commedia- (1265-1321) soffre una serie de
lutti: nel 1290, muore Beatrice. Nel1302, esiliato politico, perde la
sua patria. Condannato al rogo, è considerato un traditore dagli
ex-compagni. Che solitudine! Che dolore! Che mondo interiore caotico!
L'opera d'arte e un tentativo di mettere ordine nel caos. Così,
tra il 1307 al 1310, Dante scrive "La Commedia", che diventerà
poi La Divina Commedia:
Commedia vuole dire che una storia, prima dolorosa, avrà poi con
un lieto fine (L'elaborazione del lutto).
I tre momenti di questa elaborazione sono per Dante, l'Inferno, il Purgatorio,
infine, il Paradiso. Dal dolore al riacquisto del benessere perduto. E
non siamo, alla fine, come eravamo prima della perdita: ci siamo arricchiti
di conoscenze, siamo maturati. Il nostro mondo adesso, e più grande
dentro e fuori di noi. La mia patria è il mondo!, ci dice il Dante
già nel 1200.
La Divina Commedia è il risultato del lavoro di lutto fato dal
Dante, accompagnato da Virgilio, il poeta che aveva fato la strada prima
di lui. Diremo oggi, accompagnato dal suo psicoanalista, uno che fa la
strada prima, e poi può aiutare gli altri (il lutto va accompagnato
e no tamponato con antidepressivi).
La differenza tra l'artista e il nevrotico, è che l'artista può
dare significato alla propria esperienza, cosi questa non è subita
soltanto. Il piacere della creatività è possibile se si
è fatto il lutto fondamentale. L'artista sa ritrovare un ordine
nel caos. Questo piacere dell'opera viene trasmesso, al pubblico. Facendo
provare agli altri, il suo piacere.
Miguel de Cervantes Saavedra, il geniale autore del Don Quijote de la
Mancha, (1547- 1616) è un altro esempio della sana elaborazione
del lutto, e del rapporto tra lutto e creatività.
Figlio de un medico, da bambino ha una vita incerta ed errabonda con i
suoi genitori. Da adulto, sceglie la vita militare, diventa un uomo d'azione.
Prigioniero dei turchi durante cinque anni., perde pure la mano sinistra
nella battaglia di Lepanto. Dal 1587 al 89, scomunicato e nuovamente arrestato,
la sua giovinezza è segnata da successivi lutti e perdite. Nel
1605, in carcere, scrive l'immortale Don Quijote, la storia de un cavaliere
errabondo, un po' folle, e del suo fedele servitore Sancho Panza. Miguel
de Cervantes elabora nel suo libro, nel suo racconto, la propria storia
e tramite la creazione artistica, non solo non impazzisce sino che ricreando
il mondo, riunendo le parti frammentate, ri-crea la vita. La filosofia
del Quijote, che lo rende una opera universale, è la ri-unione
della generosa follia, del generoso idealismo che è dei giovani,
in contrapposizione, al realismo pratico di Sancho Panza. Unità
e lotta dei contrari, espressione della vita dell'autore.
Infine, il Tango argentino, musica, poesia e danza, è una creazione
psico-sociale, frutto dell'immigrante italiano, del secolo XIX e inizio
del XX, nella città porto di Buenos Aires. La perdita della terra
d'origine, della lingua, della famiglia, del mondo conosciuto, dell'identità,
più il duro confronto con una realtà nuova e ostile, che
le chiede di rì-trovare una nuova identità, ritrovare un
nuovo stile di vita: ri-creare se stesso, nel nuovo mondo.
L'arte, la musica, la poesia, il tango sarà un modo non solo di
esprimere tutto ciò, ma anche esprimerà la nuova identità,
che non si è persa nel cambiamento sino che si è trasformata.
Che però sarà rielaborata e integrata nella nuova identità.
Come i blues saranno la espressione musicale degli schiavi neri negli
EEUU. Blues significa triste. Creare è sempre ri-creare, qualcosa
di nuovo al posto di ciò che non c'è più.
IL SUICIDIO. FORME E SIGNIFICATO.
Suicidio è uccidere se steso. Dal punto di vista psicoanalitico,
il suicidio è prima di tutto, un omicidio. Nell'inconscio c'è
il desiderio e non la morte. Per ciò, lo che lo psicoanalisi dei
pazienti depressi ci mostra, è che il suicida, prima di tutto è
un omicida, inteso come separazione de un legame disturbante e/o disturbato.
Finire con questo legame che provoca dolore, per ricuperare uno stato
di beatitudine. Nel suicida, l'odio e l'aggressione è prima di
tutto, rivolta contro l'oggetto d'amore perso, e secondariamente contro
se stesso. Il suicida no vuole morire, ricerca nella morte un piacere,
e per questo motivo, il suicida può essere aiutato.
Possiamo dividere i suicidari in due grandi gruppi:
- 1. i nevrotici, normalmente non riescono a suicidarsi. Esprimono soprattutto
una richiesta de attenzione, un ricatto.
- 2. i melanconici e /depressi. Riescono a suicidarsi, soprattutto alla
fine del ciclo melanconico. Perché riacquistano la forza per farlo.
Forme nella nevrosi:
- a) per avvelenamento, con barbiturici, psicofarmaci: ha un significato
sessuale, "restare incinta", il farmaco è equiparato
al semen. C'è un desiderio di essere amato, di essere "visto"
dall'Altro.
- b) Tagliarsi le vene dei polsi. Utilizzato dai prigionieri, e una richiesta
di attenzione, più una protesta per la impotenza.
Forme nella psicosi:
- a) Buttarsi giù da una finestra, torre, ecc. Ha un significato
sessuale, l'orgasmo, la penetrazione nella madre-terra. Il volo è
il momento piacevole, che poi diventa distruzione: sessualità autodistruttiva.
- b) Entrare nel mare: ritorno regressivo alle acque primordiali, la madre,
l'utero. Ricuperare una situazione di benessere totale, tutti i bisogni
sono soddisfatti senza fatica. Ri-unione onnipotente con la madre.
- c) morte per asfissia. Il respiro è il primo atto vitale, al
momento della nascita. Questo suicidio è una regressione all'atto
di nascita.
- d) suicidio collettivo, sette religiose, padre-figli, madre-figli ecc.:
la morte è una ri-unione nell'aldilà. Nella "morte"
ci si ri-trova. Esprime pure il pensiero infantile dei bambini, dove morire=partire.
Infine ci sono i suicidi parziali, le mutilazioni degli esquizofrenici,
o alcuni omosessuali che si tagliano una parte del corpo: il pene, l'orecchio,
ecc. Alcune chirurgie "estetiche" sono vere o proprie mutilazioni
(Esempio: un paziente omosessuale vuole tagliarsi il pene e "diventare
dona", per odio al padre. Un altro vuole "tagliarsi i fianchi",
perché si sente grasso come la madre, e vuole liberarsi cosi della
"cattiva madre interna". Il naso, simbolo del penne, sentito
come "tropo brutto", va "tagliato").
BIBLIOGRAFIA
Ey Henry, Tratado de Psiquiatria. Ed. Toray Masson, Barcelona, 1975
Freud Sigmund, Obras Completas, Ed. Biblioteca Nueva, Madrid, 1968
Grinberg Leon, Colpa e Depressione, Ed. Il Formichiere, Milano, 1978
Recamier P., Conferenza, Treviso - Conegliano "Il lutto", 10/09/1988